Eccolo qui, il monte Ololokwe, che si erge nel mezzo delle pianure del nord del Kenya.
Ne abbiamo fatte tante in questi giorni e ora scriviamo dalla nostra seconda tappa, il Saruni Mara lodge, molto più a sud, vicino alla frontiera della Tanzania, ma sembra che essere saliti in cima all’Ololokwe sia stato un fatto straordinario (grandi congratulazioni, notizia che ci precede da un lodge all’altro, ecc.) e così partiamo da qui.
Primo stupore del (ventitreenne) manager del Lodge: pochi ospiti chiedono di effettuare la gita, che pure viene proposta, ma a noi – orfani di una più complessa ascensione al Monte Kenya, cui abbiamo rinunciato in partenza per una serie di ragioni – questa ci è sembrata una buona occasione. Quindi al quarto giorno a Saruni Samburu siamo andati in cima alla montagna che i samburu considerano sacra: sul monte risiede o può risiedere la divinità (unica) nella quale credono, vi si effettuano preghiere e sacrifici propiziatori ecc.
Ma “siamo andati” è una espressione povera per ciò che è successo. La gita, da un punto di vista tecnico, è più o meno come salire sulla Paganella (Ololokwe è anche alta uguale), ma partendo da Gaggia. Tuttavia, per ragioni di sicurezza, di conservazione, di tradizioni locali e di stile di viaggio della organizzazione della quale siamo ospiti, la gita si è trasformata in una “spedizione”. Oltre a noi c’era il manager del lodge, l’autista-guida del lodge, un ranger in divisa dotato di fucile mitragliatore, una guida-guardiano della zona montana e… due portatori.
Un’oretta e mezza di salita con un sentiero a zig zag piuttosto faticoso in un bosco di acacie e di altre piante sconosciute, ancora abbastanza al fresco vista l’ora, ci ha portato su un balcone naturale con panorama splendido — dove ci è stato servito un full English breakfast, comprensivo di uova,salsicce, pancetta, marmellate e macedonia, ecc.
Ancora un piccolo strappo, poi una lunga e dolce salita lungo pascoli con rada erbetta qui e lì e qualche pozza, dove i samburu sono autorizzati a portare le mandrie solo in caso di siccità (ma di questo non siamo sicuri di aver ben capito). Come la Paganella dei tempi andati, no?
Non proprio, perché – oltre alle tracce di leopardo intorno al campo base – lungo tutta la salita è stato chiaro che quel sentiero è regolarmente utilizzato dagli elefanti. Come possano gli elefanti salire su un sentiero del genere e perché resta un mistero. Ma la forma e la quantità delle deiezioni facevano escludere si trattasse di camosci o caprioli. Un elefante lo ha fisicamente incontrato la nostra guida, quando dopo dieci minuti di cammino è tornato alla macchina perché si era scordato parte dell’acqua. Noi – purtroppo? – no.
Dopo un’altra oretta e mezza si arriva in cima, con sguardo amplissimo sulle pianure dei Samburu e in fondo, verso sud, sul Monte Kenya coperto da nuvole.
Discesa non proprio agevole, causa terreno cedevole e temperatura oltre i 30•, ma arrivo coperti di gloria, specie – par di capire – per non aver fatto lagne e preteso soste ogni dieci minuti.
Alla macchina, “picnic lunch” apparecchiato con insalata di pasta (a Saruni si cucina prevalentemente italiano), insalata di carote uvetta e altro, pizza con cipolla e peperoni e cosce di pollo al sesamo. Unico difetto: troppo.
I saruni sono un popolo cugino dei più noti masai, con lingua simile e strutture culturali analoghe. Seminomadi, vivono tradizionalmente delle proprie mandrie e delle proprie greggi, in una società divisa rigidamente per fasce di età (ragazzi, guerrieri, uomini sposati-anziani, e anziani “in pensione”), oltre che – naturalmente – per sesso.
Non ne sappiamo moltissimo, ma quel po’ ci è venuto da una “visita al villaggio samburu”, che ci ha messo un po’ a disagio, nonostante l’amabilità del giovane guerriero Robert che ci faceva da guida tra le capanne.
Ci sono tante altre cose e specialmente animali da raccontare, ma vi lasciamo con questa immagine presa due sere orsono. Ora ci prepariamo per la nostra prima “game drive”, che sarà notturna. Qui fa più freddo (siamo vicini a duemila metri e piove un po’, ma ci copriremo.