Due giorni “veramente” nella savana, nel senso che le uniche cumunicazioni possibili erano quelle da persona a persona, orfani di una connessione internet pazzarella e già Mario si sentiva spaesato. Nobbuono, ma così va la vita, non siamo più ai tempi in cui il primo pezzo di Stanley partito alla ricerca del dott. Livingstone uscì sul New York Herald mesi dopo essere stato inviato dal cuore dell’Africa – quando, peraltro, il famoso incontro (“Dr. Livingstone, I presume?”) era già avvenuto da un mese.
Insomma, qui si sono promessi aggiornamenti frequenti e noi accumulavamo foto e notizie senza poterle comunicare. Ora pare qualche connessione ci sia, quindi prepariamo questo testo sperando nella buona sorte (ma niente foto, per non rischiare). Ci proviamo, sennò avrete tutto insieme poi.
È il terzo giorno al Saruni Mara, davanti alla nostra “stanza” (mezzo in muratura, mezzo in tela) c’è un prato dove il primo giorno siamo andati a fare due passi, solo per essere inseguiti da un cameriere che ci ha spiegato che era pericoloso: di lì a due ore, poco prima del crepuscolo, zebre, babbuini, impala (splendide antilopi dalle corna a forma di lira) sono venuti a passeggiare e a pasteggiare qui davanti.
Con loro anche un eland, che per muso e corna sembra una specie di enorme antilope, ma è parente sia pur remoto dei bovini. Questo però è un eland speciale, lo chiamano “resident eland” perché ha eletto il lodge a sua residenza e ogni tanto si affaccia alla porta o si stende a ruminare davanti al negozietto. Chi ha un account Facebook può vederne una immagine che ho postato due giorni fa, gli altri dovranno aspettare.
Ha piovuto parecchio (sante giacche a vento e perfino santi ponchi), non dovrebbe essere un gran guaio perché ti portano sempre in giro con il fuoristrada, ma si tratta di un fuoristrada tutto aperto per agevolare l’avvistamento di animali – e l’entrata della pioggia. Nelle molte ore di sole, però ci scottiamo.
Siamo nel santuario faunistico più santuario faunistico di tutto il Kenya e – qualcuno dice – di tutta l’Africa. Le “prede” più ambite sono come ovvio i grandi animali (leoni, leopardi, ghepardi, elefanti, bufali e rinoceronti), ma c’è un fascino assoluto ad attraversare le grandi praterie costellate di centinaia di antilopi (di Grant e di Thompson), di impala, zebre, gnu, facoceri, struzzi e giraffe, spesso tutti insieme e – come dire – nella stessa inquadratura. Poiché facciamo le nostre visite nel North Mara Conservancy (una specie di immensa riserva privata ai margini del parco nazionale propriamente detto) la nostra auto può attraversare questi animali che brucano, ruminano o trotterellano e si aprono spostandosi al nostro passaggio.
Il che ha dato il destro a Silvia di coniare uno dei suoi detti memorabili: “Le pecore non sono gazzelle” [“hele,belle…”, “stupidi!”]. Nel senso che invece di aprirsi come il mar rosso o appunto le gazzelle al nostro passaggio, devono essere bersagliate con pietre dai pastori masai perché ci lascino il passo.
Di pecore e anche di mucche ne abbiamo viste tante giovedì al mercato settimanale di un villaggio qui nei pressi. Stavamo per entrare nel recinto insieme a Silvia, quando ci siamo resi conto che all’interno c’erano solo uomini, le uniche donne essendo accovacciate sotto un alberello al centro per vendere bevande agli uomini. Le altre donne erano tutte all’esterno. Secondo la nostra guida in attesa che gli uomini consegnassero loro i proventi delle compravendite, per andare a fare la spesa nei recinti vicini dove erano in mostra vestiti, scarpe, vasellame, frutta, verdura e monili (i monili di perline son cosa assai importante sia per uomini sia per donne).
Quanto agli animali grandi, ci “mancano” solo il leopardo e il rinoceronte, che però ormai qui ce ne sono solo due regalati dal Sudafrica. Scene top:
- Un branco di iene che sbrana uno gnu (doppia: sia notturna, sia diurna)
- Un avvoltoio che cattura un piccolo di facocero per poi essere messo in fuga da un gruppo di manguste
- Una famigliola di leoni che riposa sotto un alberello con tre cuccioletti che prendevano il latte dalla mamma.
Lo splendido ghepardo (chetah) che pure abbiamo visto, se ne è rimasto buono buono a sonnecchiare e a fare due passi, con grave delusione della guida che sperava partisse in caccia in direzione delle zebre, gnu e antilopi che mangiavano lì vicino.
Stamattina altra passeggiata a piedi su una “montagna”, che in realtà è una collina qui vicino, con bel panorama e guida – dotatasi per l’occasione di lancia e mazza tradizionali – che temeva incontri con animali.
Ora altro “game drive” (gita in macchina a cercare animali selvatici) e domani trasferimento a Saruni Wild, dependance tendata del lodge, in luogo che dicono magico.