Evviva! Scriviamo da un internet point sulla strada principale di Karatu (Tanzania), provvisoriamente riconnessi al mondo (ma non altrettanto le nostre macchine di ripresa fotografica, ergo nuovo post “cieco”).
Siamo arrivati al monastero di Santa Caterina delle monache camaldolesi due giorni orsono dopo un viaggio lunghetto ma non troppo in minibus da Nairobi fino ad Arusha, la capitale settentrionale della Tanzania. Li’ ci aspettava suor Noela in persona (amica di Marta e responsabile della foresteria del monastero) e con la loro macchina e altre tre ore di strada abbiamo raggiunto il monastero. Beh, i recensori di TripAdvisor avevano ragione, anche se non ne dubitavamo: un’oasi verde e fiorita sugli altopiani tanzaniani a due passi dal cratere di Ngoro Ngoro.
In questi due giorni abbiamo vissuto sostanzialmente in seguendo, per quanto possibile, la vita delle monache che – cortesissime – ci fanno mangiare con loro. Unico problema (culturale?) e’ che tutte si stupiscono – alcune diremmo che si indignanno – che mangiamo troppo poco. Vorrebbero riempirci i piatti continuamente e noi letteralmente non ce la facciamo. Ci dicono che “assaggiamo” e che “non sappiamo mangiare” (in italiano nel testo, ovviamente, visto che una gran parte di loro parla regolarmente italiano). Cerchiamo di non deluderle, ma se uniamo questa esperienza ai tre pasti al giorno completi (anche li’ di cucina italiana) dei lodge del nostro amico Riccardo, temiamo di dove digiunare fino a Natale quando torniamo.
La mattina Lodi e la sera Vespro con loro. Altra esperienza interessante, con una postulante che ci indica sul salterio il punto dove siamo – ovviamente in Swahili. Per ora riconosciamo le parole dio, signore e “per sempre”. Ma anche che le preghiere che cominciano “Salamu Maria…” e “Baba…” sono quelle che pensiamo che siano. Ieri sera ci e’ sovvenuto di avere l’intera bibbia in italiano scaricata sui nostri telefonini e questa mattina abbiamo anche cercato di seguire salmi e letture nel testo italiano. Un lavoro di equilibrio non facile, ma interessante. Un brano della lettera ai Galati ci ha fatto anche scoprire che “legge” in swahili si dice “sharije”. E’ noto che ci sono una enorme quantita di prestiti arabi, ma questa fa un po’ strano, no?
Ieri pomeriggio, guidati da suor Prudenziana, abbiamo fatto una passeggiata dietro al monastero, visitando la scuola elementare che si trova a pochi metri, il mulino per il mais che hanno messo su e un luogo di ritrovo con bevande, negozietto e televisione, che la buona prudenziana ha paragonato a una “Casa del popolo” (ha frequentato Faenza e dintorni…). Eravamo naturalmente preparati a trovare una scuola piuttosto malmessa e tale era, ma ci hanno particolarmente colpito le case dei maestri che la circondano: minuscole, malmesse, latrine all’esterno, ecc. Il fatto che si tratti delle abitazioni degli insegnanti, da’ il metro della situazione.
Stamattina con suor Scolastica a Karatu, la cittadina a una decina di chilometri di distanza dal monastero. Visita al una piccola casa che le monache hanno in citta’ per ospitare le ragazze che devono finire le superiori e a un terreno che gestiscono. Poi siamo riusciti a risolvere il problema del contante, i nostri bancomat non funzionavano e apparentemente neppure le carte di credito. Alla fine – grazie a suor Scolastica – in uno sportello bancario mobile (una specie di camper) c’era un bancomat che ha riconosciuto e pagatoo. la nostra carta di credito. Cosi’ ci sentiamo piu’ tranquilli. Quindi “affermazione di indipendenza” nei confronti della iperprotettiva suora e ci siamo sganciati per fare un giro da soli in citta’ fra mercati e polvere rosse. Il progetto e’ che tra un’ora prendiamo un “apetto”-taxi, ma solo per un tratto, gli ultimi chilometri vogliamo farli a piedi.
Domani gita “turistica” al lago Manyara e al suo parco. Poi si vedra’.