Chiediamo scusa a tutti i templi shintoisti, a tutti i feudatari divenuti Shogun (*), alle folle che si riversano qui ogni mattina con il treno in arrivo da Tokyo che ripartiranno alle quattro, ma noi la storia dei nostri due giorni a Nikko la facciamo partire dalla coda, cioè da qui:
Questa è l’ombra di Figlio 2 su una veranda aperta sulle brumose e placide acque del lago Chuzenji, qualche chilometro più a nord e parecchie centinaia di metri più su di Nikko (che è celebre, appunto, per i templi e i memoriali dei primi Shogun). Alle spalle di Figlio 2 c’era questa roba qua:
Siamo nella residenza estiva dell’ambasciatore d’Italia in Giappone, o meglio quella che è stata fino al 1997 la residenza dell’ambasciatore, poi – immaginiamo con la complicità dei bilanci pubblici italiani – la villa è stata ceduta allo Stato giapponese che la ha completamente ristrutturata e la ha aperta al pubblico, insieme all’addiacente ex-residenza estiva dell’ambasciatore di Sua Maestà britannica.
Più oltre sul lungolago ci sono anche le ville di belgi e francesi, ma queste ancora territorio diplomatico. Gli è che nella prima metà del Novecento, tutta la bella società internazionale di Tokyo – quelli che ancora non si conoscevano come “expats” – veniva a prendere il fresco qui, costruiva ville, si sfidava a vela, si in incontrava per i tè e intanto pensava di avere le sorti del mondo in mano.
La villa è in gran parte di legno e ricoperta, dentro e fuori, della corteccia di alberi diversi. “Elegante e rustico” si può dire? Comunque l’insieme è piuttosto affascinante e la vicenda – in fondo felice ci sembra – della villa italiana (disegnata in realtà dal console onorario ceco che di mestiere faceva l’architetto) e di quella britannica , simbolizza bene il passare del tempo e il cambiare degli equilibri mondiali.
In precedenza avevamo camminato per oltre tre ore un po’ più a monte del lago, in un territorio di paludi montane straordinario, servito da un ancor più straordinario sistema di sentieri e segnalazioni.
Ma Nikko, oltre che per la pioggerellina fastidiosa e per i templi…
. ..vabbè, vabbè, ne volete vedere uno? Eccolo:
(È una roba superornata del Seicento, che fa pensare a una specie di “barocco universale” che si impone alla faccia del severo isolamento politico, commerciale e culturale che gli Shogun imposero per due secoli e mezzo al Giappone…)
…insomma, dicevamo, a parte questo, la cosa che ci resterà a lungo nella memoria è la guest house che ci ha ospitato. Un po’ fuori dalla parte più “utile” del paese, è una vecchia pensione giapponese, ereditata dal nipote della donna che la mise in piedi 47 anni fa. Il tipo è sveglio e la ha trasformata nel paradiso dei backpackers (“saccoapelisti”, nel volgare linguaggio giornalistico italiano di qualche anno fa): stanze con tatami e futon, servizi comuni, sala comune con frigo, forno a microonde e drink (caffè e tè a volontà). Ti porta anche in macchina alla stazione la mattina e alle terme (onsen) la sera. Ecco la nostra stanza:
Chiudiamo con un’ultima notazione nippo-italiana. Ciò che segue compariva nell’ultima pagina di un menù fotografico di un ristorante:
Non scandalizzatevi troppo, i fagioli rossi sono ingrediente base di una composta utilizzata per molti dolci qui e la panna è la panna: si tratta, in fondo di un dessert (peraltro non disponibile. v. la croce).
E i pizzaioli romani che te la offrono con la Nutella?
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(*) gli Shogun, se abbiamo capito bene, sono stati a i capi militari e de facto padroni del Giappone dall’inizio del 1600 alla seconda metà dell’800, pur in presenza di una corte e di una dinastia regnante che non contavano niente.